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Quello tra Trump e Macron ieri all’Onu è stato uno scontro a distanza molto rilevante per quella che oramai sta sempre più assumendo i caratteri di una discussione di carattere globale: sovranismo vs. globalismo.

Un tempo il grosso dei problemi era proprio la globalizzazione, processo oramai quasi superato e che, tra le tante conseguenze, ha innescato proprio l’aumento dei nazionalismi come fisiologica risposta all’iper-connessione e ultra-apertura avuta negli anni.

Nel discorso di Trump alle Nazioni Unite, questo sentimento non è stato assolutamente velato. Il suo mantra dell’ “American First” (quasi “alone”) è stato lanciato per l’ennesima volta come un monito verso una platea assorbita in un silenzio quasi tombale interrotto solo da quelle risate che, paradossalmente, si rileveranno essere un boomerang proprio verso chi vorrebbe porre un argine alla politica neoprotezionista del tycoon. Anche i fendenti, velati ma non troppo, verso l’Europa non sono mancati e l’attacco verso l’Iran sembra quasi una risposta alle parole di Mogherini, che solo l’altro giorno, sempre all’Onu, affiancata dal ministro degli esteri iraniano Mohammad Javad Zariff, aveva detto che “l’Ue creerà uno strumento per gli scambi con Teheran” (la Repubblica). In poche parole l’Unione europea vorrebbe creare un’entità legale per aggirare le sanzioni imposte dal governo americano e continuare quella politica di dialogo tanto voluta dal predecessore di Donald, Obama.

Nelle parole di Trump, però, non c’è solo l’attacco ai processi commerciali e politici, ma c’è tutta quella retorica sul sovranismo che sta oramai blindando la discussione politica internazionale. I complimenti al governo polacco ne sono un esempio. Su questo, proprio qualche giorno fa, Steve Bannon, ex consulente proprio di Donald, intervenendo alla kermesse di Fratelli d’Italia “Atreju”, è riuscito ad essere ancora più chiaro presentando “The Movement”, il movimento che vorrebbe essere mondiale ma, per creare un ossimoro, di sovranisti. Viste le ultime vicende elettorali, partendo dalla Brexit, fino ad arrivare al governo giallo-verde italiano, questo “Movimento” è sicuramente di molto avvantaggiato rispetto al “Partito di Davos”, rappresentato ieri dalle parole di Macron, sempre più piccolo e in difficoltà sia tra i propri confini che fuori.

Parlare dopo Trump non è stato facile, ci ha provato e c’è riuscito, ma il messaggio veicolato difficilmente potrà fare breccia nel cuore delle persone. Il suo “no alla legge del più forte” arriva proprio nei minuti in cui il più forte, la Francia, aveva detto di no all’attracco della nave Aquarius nel porto di Marsiglia (La Stampa). Ciò fa apparire quanto mai ipocrite anche le sue dichiarazioni sulla “chiusura che non arresterebbe le migrazioni”. Ci si può chiedere: perché dovrei credere ad un governo che predica l’apertura per gli altri ma blinda i suoi confini? Soprattutto proprio quello con l’Italia?

Ed è proprio questo il nocciolo della questione: i dissidi interni e le ipocrisie del fronte progressista e liberale europeo, se non proprio mondiale.

La questione primaria sulla quale ripartire è proprio quella dei migranti. Come giustificare ad un sovranista, Merkel che “sceglie” chi far entrare (Il Sole 24ore) e fa piangere una bambina dicendole che non può accettare tutti (Il fatto Quotidiano) e la sua nuova apertura verso destra (La Stampa), e poi doversi sentire una ramanzina sull’accoglienza (Il Sole 24ore)? Come poter giustificare Macron che, ripeto, proprio mentre diceva che con i paesi che si chiudono non c’è possibilità di dialogo, chiudeva il porto di Marsiglia?

Se vogliamo rimanere sempre nel nostro continente, come, in procinto delle europee, si riuscirà a giustificare la permanenza di Orbàn all’interno del Partito Popolare Europeo?

È per questo che le parole del presidente francese, senza scomodare la Libia, diventano un’arma a doppio taglio proprio per le politiche europeiste, globaliste o, per dirla alla Bannon, di Davos. Ed è qui che il più forte vince. Non sui contenuti, spesso inesatti volontariamente, ma sulle debolezze ed ipocrisie di chi vorrebbe ergersi a paladino dei più deboli.

In sintesi: si predica bene ma si razzola male.

Potrebbero davvero far fronte all’ondata di sovranismo che gira per il mondo occidentale, ma solo se, chi lo fa, abbia quantomeno la coscienza pulita. Altrimenti per ogni parola di accusa, per ogni “razzista”, “fascista”, “populista”, ci sarà un aumento proprio dei consensi di chi parla alla gente dicendogli quello che vuole sentirsi dire senza dare nemmeno risposte chiare sul come agire o peggiorando addirittura la situazione (il #decretosalvini ne è un esempio [TPI]).

Ma questa è la forza dei nuovi patrioti, è questa la forza di Trump, Bannon, Salvini, Orbàn e compagnia bella. Non i contenuti. Non le risposte. Ma le debolezze degli avversari, per troppi anni impegnati ad arroccarsi nelle loro torri di sicurezza pensando che mai nessuno potesse mettere in discussione il progetto europeista e mondialista.

Per questo motivo “The Movement” non deve avere una coerenza, è per questo che le richieste interne al mondo sovranista possono addirittura contraddirsi (l’Ungheria e la Polonia non partecipano alla ripartizione dei migranti che avrebbe voluto l’Italia), è per questo che chi parla di sicurezza interna può da una parte far leva sulla paura dell'”islamizzazione” e dall’altra difendere i palestinesi dal pericolo sionista. Perché le paure su cui si fonda il nazionalismo sono sempre le stesse da anni, decenni, secoli. Ora hanno trovato il terreno fertile su cui crescere e diffondersi e non è la rete, non è internet.

Sono le menzogne e le contraddizioni di chi ha per anni tenuto alto lo stendardo dell’accoglienza senza integrazione, dell’immigrazione senza controllo, del mercato libero senza garanzie, del lavoro flessibile senza possibilità di futuro. È la lotta di due mondi sbagliati.

Allora la domanda per Macron sorge spontanea: il forte da combattere chi è? Trump, Bannon e i sovranismi che galoppano? O i progressisti, liberali e “buonisti” che per anni hanno fatto finta di non vedere la realtà delle cose ed hanno propinato i vantaggi del mondo globalizzato e multiculturale a discapito, di chi, non è stato mai ascoltato? Chi è che non vuole il “dialogo bilaterale” caro Macron? Calès, Bardonecchia e Ventimiglia ti dicono qualcosa?

Alle europee l’ardua sentenza…

  1. La tua scrittura limpida, le tue analisi obiettive, la tua capacità di comprensione di dinamiche anche piuttosto ampie sono e rimangono indiscutibili. Come a dire, già lo sapevo. Non sono d’accordo su tutto, ma cazzo leggere jonatas disabato, tutto i giorni della settimana

    1. Grazie Daniele. Direi che se oggi scrivo è soprattutto merito tuo, mio primo capo redattore. E questo non lo dimenticherò mai.

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