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La prima foto mi è stata inviata da Antonella de Vito. È una prospettiva frontale del santuario di Santa Lucia. La storia di questo culto è lunghissima. Si pensa, infatti, che sia unito da un filo continuo a quello che era il santuario italico di Piano di Tivoli, a poche centinaia di metri di distanza, verso sud.

Infatti in questo luogo le ricerche hanno appurato ci fosse un culto femminile, con fitta presenza di ex-voto composti da pesetti da telaio in terracotta. In più, con tutta probabilità il culto era dedicato ad Artemide/Diana, divinità che, tra le altre, proteggevano gli animali dell’aia. Possibile santuario “emporio”, cioè ci incontro e scambio di merci, nonostante un incendio che lo distrusse, la zona ha fatto continuare questa tradizione, arrivando fino ai giorni nostri dove, fino a pochi anni fa, il culto di Santa Lucia, nella preparazione soprattutto della santa alla processione, era un culto prettamente femminile, e che vedeva al di fuori del santuario svolgersi una fiera partecipatissima dove, pensate un po’, il ruolo principale era proprio la compra-vendita degli animali.

In pratica la cristianizzazione di un antico culto pagano ha fatto in modo che in quella zona ci sia una tradizione che ha almeno 2500 anni.
Piccola curiosità: le “janare”, che nella trazione orale hanno assunto il connotato di streghe cattive, in realtà deriverebbero il loro nome proprio da “Diana”, ed è possibile che fossero sacerdotesse del tempio a cui era affidata la cura dell’altare e le quali svolgevano rituali legati soprattutto alla cura degli animali domestici.

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